Dept. Q: Sezione casi irrisolti, la recensione: un'avvincente serie sulle conseguenze del trauma

Matthew Goode è respingente ed irresistibile in una serie crime coi controfiocchi, che riflette sulle macchie della giustizia. In streaming su Netflix.

Un'immagine promozionale di Dept. Q: Sezione casi irrisolti

Se c'è una cosa che sanno fare bene gli inglesi, quelli sono i racconti ad episodi di genere thriller, soprattutto quando si tratta di storie circoscritte. A volte però riescono addirittura ad alzare ancora di più il tiro ed è quello che sembra accadere in Dept. Q: Sezione casi irrisolti. Un titolo che poteva benissimo (in)seguire il nuovo corso di Netflix nel proporre serie tv che sarebbero state perfette anche per un network generalista.

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Una scena del serial

Invece, probabilmente forte del proprio autore Scott Frank, non sceglie la via del procedurale e del caso della settimana, bensì quella del racconto intrinseco e intersecato il più possibile. Il risultato? Un must watch con protagonista un grandissimo Matthew Goode.

Dept. Q: Sezione casi irrisolti: i cold case tornano alla luce

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Matthew Goode allontana e risplende

Due sono le storie che si intersecano principalmente nella, ispirandosi alla saga di romanzi omonima di Jussi Adler-Olsen. La prima è quella di Carl Morck, un detective di Edimburgo cinico e sbruffone, che dopo una terribile aggressione su una scena del crimine in cui non avrebbe dovuto essere, si ritrova con tre terribili conseguenze in un colpo solo. Il disturbo post-traumatico da stress per un proiettile alla gola, il partner e amico rimasto paralizzato dalla vita in giù e un giovane agente, da tre mesi in servizio, che ha perso la vita. Mentre prova a fatica a tornare alla routine lavorativa, tra le malelingue dei colleghi, deve affrontare anche il figlio adolescente con cui ha un pessimo rapporto e che ora vive con lui.

Parallelamente viene raccontata la storia di Merritt Lingard (Chloe Pirrie) un procuratore distrettuale, ambiziosa e senza scrupoli, con la fama di essere uno squalo contro i delinquenti o presunti tali; per questo la donna si è fatta una lista di nemici che sembra non avere fine. Anche la sua vita personale e familiare non le dà tregua, dovendosi occupare di un fratello che ha subìto una regressione mentale in seguito ad un incidente qualche anno prima. Un ragazzo potenzialmente violento e pericoloso... o forse semplicemente non compreso. Le vite di Morck e Merritt - così incredibilmente speculari - si intrecceranno in modo imprevisto, cambiando per sempre le rispettive esistenze.

Un gioco al massacro nella serie Netflix

Scott Frank, che già aveva conquistato gli spettatori con il western Godless e il drama La regina degli scacchi, vero e proprio fenomeno della piattaforma, prova a sperimentare con un titolo che si muove a metà strada tra miniserie e serie a lungo termine. Se il titolo avrà successo, potrebbe pensare ad un nuovo caso stagionale per il detective protagonista, vista anche la saga letteraria originaria. Lo stesso vale per la sua regia, da subito piena di inventiva.

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Partner in crime, parte uno

I cinque episodi (su otto) visti in anteprima ci hanno appassionato molto: non solo per la perfetta caratterizzazione dei personaggi e del loro ruolo all'interno della narrazione, ma anche per le dinamiche che si insinuano tra loro e per la gestione dei due casi principali. Un gioco del gatto col topo lontano da ciò a cui siamo abituati e a cui si prova istintivamente a dare una spiegazione razionale. Il protagonista infatti, nel suo rientro al distretto, viene anche messo a capo - come specchietto per le allodole - di un nuovo dipartimento, quello del titolo, dedicato ai casi irrisolti di alto profilo.

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Tutti hanno subito un trauma nella serie Netflix

Matthew Goode, che torna alla serialità dopo The Good Wife, Downton Abbey e A Discovery of Witches, è incredibilmente a proprio agio nei panni di Morck, apparentemente anafettivo ma in realtà vittima di una rabbia incontrollata e di un dolore che sembra non trovare pace. Senso di colpa, rimorso, memoria, attacchi di panico, disturbo da stress post-traumatico: tante le tematiche affrontate dallo show in modo certosino e sibillino. Tutti i protagonisti, a modo proprio, sembrano infatti avere a che fare con un trauma del passato; cercano di trasformarlo in qualcosa di proficuo e non deleterio per il futuro. Questo vale anche per due possibili collaboratori di Carl nel suo improbabile dipartimento, al piano più basso del commissariato, in senso tanto metaforico quanto letterale: Akram Salim (Alexej Manvelov), un poliziotto siriano trasferitosi per un motivo che non vuole ammettere; e Rose (Leah Byrne), una recluta finita dietro ad una scrivania dopo un esaurimento nervoso.

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Partner in crime, parte due

Il caso irrisolto scelto per avviare la neonata sezione porterà alla luce le falle del sistema giudiziario tanto britannico quanto mondiale, parlando in modo universale. Quella narrazione - piena di plot twist avvincenti - è intervallata dalle sedute del protagonista con la terapista della polizia, la dottoressa Rachel Irving (una sempre brava Kelly Macdonald, ve la ricordate in Boardwalk Empire?). Una donna dolce e allo stesso tempo sfacciata che metterà alle strette il protagonista per fargli affrontare il proprio dolore. Altrimenti non ci sarà via d'uscita.

Conclusioni

Dept. Q: Sezione casi irrisolti è davvero un’ottima serie che possiamo annoverare subito tra le migliori del genere su Netflix. I primi cinque episodi visti ci hanno stuzzicato ed incuriosito, tenuto per mano nella presentazione dei personaggi, da subito ben delineati, e delle due storie parallele che incontrandosi cambieranno per sempre la vita dei protagonisti. Ottime le trovate della regia, fin dalla primissima scena, e la denuncia del sistema alla base del racconto. Matthew Goode e Scott Frank guidano un cast british scelto, scritto e diretto ottimamente.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Matthew Goode (che carisma e che fascino) e il resto del cast.
  • La scrittura e la regia di Scott Frank.
  • Le falle del sistema giudiziario e investigativo.
  • Il tema del disturbo da stress post-traumatico.

Cosa non va

  • Il protagonista può risultare profondamente respingente, come gli altri personaggi.
  • La messa in scena può risultare claustrofobica a volte.
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